Per questa riflessione traggo spunto da uno dei cardini della psicoterapia cognitivo comportamentale.
In che misura i nostri pensieri, i nostri schemi interpretativi personali, possono influenzare e talvolta distorcere le nostre emozioni riguardo ad un evento? Sembra una banalità, ma vale la pena di soffermarsi un attimo: noi siamo i nostri pensieri? La nostra profonda essenza emotiva non ne viene mai intaccata? Davvero? Ognuno di noi si darà la sua risposta.
Quando qualcosa ci accade, sviluppiamo dei pensieri al riguardo. Questi pensieri causano in noi precise emozioni, per cui valutiamo l’accaduto nel nostro personale modo di sentire. Ma proprio questo modo di sentire è fortemente influenzato dai nostri pensieri in merito, ed i nostri pensieri in merito dipendono da schemi mentali che abbiammo fatto nostri fin dall’infanzia e con la nostra storia personale. Gli eventi potrebbero essere letti in molti modi diversi, ma noi abbiamo la nostra chiave.
E’ sempre quella più idonea, funzionale e produttiva? Lo è per noi, certo. Ma quanto gli schemi passati diventano automatismi acquisiti che non ci permettono di usare altri modi per gestire gli eventi? Modi magari più costruttivi ?
Potremmo così riassumere:
A (evento)…………conduce a ………C (emozione)
ma nel mezzo c’è una grande B, cioe’ tutto l’insieme di pensieri e condizionamenti che producono C.
In conclusione, lo spunto è:
E’ l’insieme dei pensieri consolidati in noi che ci fanno sentire in un certo modo, non gli eventi stessi che hanno provocato tali pensieri.
O ancora: Sono i pensieri che abbiamo nella testa, e non quello che ci succede, a farci sentire in un determinato modo.
Riflettiamo dunque sulla grande B e sull’importanza di saper riconoscere i nostri pensieri automatici…
Per approfondire: J. Young-J. Klosko “Schema Therapy”