Tutti noi abbiamo una percezione del mondo e di ciò che ci accade che molto ha a che vedere con impronte, modelli che si sono originati all’inizio delle nostre vite e che riguardano la nostra storia emotiva personale.
Semplificando al massimo: gestiamo le nostre emozioni per come siamo stati abituati a sentirle e gestirle nelle prime fasi della vita. Abbiamo credenze, modelli che sono nati dalle nostre prime relazioni con chi si è preso cura di noi. Alcuni di questi modelli si rivelano talvolta, in età adulta, delle vere e proprie trappole che bloccano la nostra autenticità e libertà di esprimere ciò che siamo, si trasformano in vere e proprie gabbie.
Ne descrivo qui alcune ricordando che spesso le utilizziamo in modo automatico, senza esserne consapevoli:
_ DEVO ESSERE SEMPRE FORTE: non ci permettiamo di sentirci fragili, vulnerabili, di chiedere aiuto. Abbiamo difficoltà a dire i nostri NO, a porre i nostri sani confini. Ci si prende cura di tutto e tutti tranne che di noi stessi, per ritrovarci poi sfiniti, prosciugati, pieni di una rabbia intensa e il più delle volte repressa.
_NON E’ GIUSTO CHE IO MI ARRABBI: ci è stato insegnato, o lo crediamo noi, che arrabbiarsi sia sbagliato, una manifestazione emotiva scomoda e sconveniente, quindi ci reprimiamo tutte le volte che ci arrabbiamo, spesso per l’errata convinzione che “SE MI ARRABBIO SONO MENO AMABILE”.
_SONO RESPONSABILE DEL MONDO INTERO: ci sentiamo responsabili per qualsiasi cosa, a cominciare dalla felicità di chi ci sta vicino, dunque quando qualcosa non va ce ne prendiamo piena responsabilità, vogliamo aggiustare, trovare subito soluzioni sempre, nel lavoro, a casa, nelle relazioni tutte.
_POSSO SEMPRE FARE MEGLIO: nulla è mai abbastanza buono, posso sempre fare di più, non sono mai appagato.
_NON SONO AMABILE: ci sentiamo sbagliati sempre, chiunque è meglio di noi, nessuno può amarci poichè valiamo poco.
_ DEVO GIUSTIFICARE LA MIA ESISTENZA FACENDO CONTINUAMENTE QUALCOSA: se non siamo sempre in azione, in movimento, proviamo disagio, quel senso di vuoto che ci terrorizza e che quindi cerchiamo di riempire di attività. Peccato che poi il vuoto torni comunque.
Solo nel momento in cui diventiamo consapevoli di quali siano i nostri schemi profondi, le nostre credenze, allora possiamo lavorare per scioglierle, ammorbidirle, provare strade nuove che ci permettano di vivere in sintonia con chi siamo e con le emozioni che proviamo e che non abbiamo più necessità di reprimere nell’illusione di essere più accettati e degni di amore. Il coaching si rivela strumento potente per fare ciò.
Una lettura straordinaria sul tema: Quando il corpo dice no – Gabor Matè
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