La resa

Molti di noi hanno difficoltà con il concetto di resa, che viene intesa come colpevole rinuncia, segno di debolezza, talvolta codardia, insomma evoca giudizi con cui ci si sente scomodi, sbagliati, inadeguati, non all’altezza degli altri.

Nella nostra società spesso si respira la credenza per cui chi resiste è più forte, più degno, insomma migliore, in una visione della vita come continua lotta, performance, gara ad ostacoli per dimostrare di essere i più forti.

Mi accade sovente nei percorsi con i clienti, di constatare quanto questa resistenza sia potente, anche se essi stessi si rendono conto di quanto il non riuscire a mollare ogni tanto sia per loro dannoso e non porti a nulla se non a frustrazione e grande pesantezza.

La resa di cui parlo è risultato della consapevolezza che talvolta gli eventi della vita vanno come a noi non piace, come non ci aspettavamo, anche in maniera ingiusta, proprio così.

E allora cosa vogliamo fare? Possiamo continuare a resistere a ciò che ci accade ingaggiando una lotta che ci porta a ….. cosa? A lottare spesso perdendo anche di vista il punto, in una modalità di aggressione nei confronti della vita e di noi stessi (poichè ci sentiamo incapaci di “dominare gli eventi”) che presto ci presenta il conto in termini di rabbia, prostrazione e anche sintomi fisici.

Oppure possiamo poco a poco fare pace con ciò che non è in nostro potere cambiare, lasciarlo andare e rivolgere le energie a tutto ciò che invece possiamo fare per ampliare lo sguardo, liberare le risorse che prima erano sepolte sotto la modalità di resistenza ad ogni costo, ed utilizzarle in armonia con chi siamo e col bisogno del momento, ognuno trovi la sua personale, unica ricetta.

Vedo troppo spesso persone bloccate da anni su vicissitudini ormai antiche trasformate in un rancore verso se stessi e/o gli altri che li acceca e non fa più vedere loro quanto ancora sia possibile vivere con gioia e pienezza.

E allora di fronte a ciò che non possiamo cambiare ben venga la RESA a farci cambiare strada ed indicarci il cammino verso una nuova realizzazione, forti anche del bagaglio delle nostre ferite, delusioni, arrabbiature. Come dico sempre, anche qui abbiamo possibilità di scegliere: mi piace dire che forse chi NON si arrende è perduto.

Potete leggere: Dovunque tu vada, ci sei già – Jon Kabat Zinn

Chi credi di essere?

diventachisei

travi-azzurre-a-forma-di-onda-sfondo-nero_293-228Esistono sempre più numerose evidenze scientifiche (grazie allo sviluppo delle neuroscienze) che ci mostrano come molto di come viviamo e vediamo la nostra vita dipenda dal potere che attribuiamo a noi stessi e alla fiducia nella possibiltà di cambiare e creare nuovi schemi più consoni al nostro Ben –  Essere. Potere inteso come insieme di possibilità, credere di poter modificare le nostre credenze, fiducia nello sperimentare nuove vie oltre l’umana paura di ciò che non conosciamo. Troppo spesso il rimanere ancorati a questa paura ci fa accettare di rimanere in uno stato di profonda infelicità, malessere interiore che purtroppo spesso sfocia in sintomi fisici.

In realtà, lo verifico nel mio lavoro e nel mio privato, questa paura è sempre un mostro fatto di niente, che si autoalimenta: più proviamo paura, più ci immobilizziamo, più stiamo male, più abbiamo paura…. un pesante circolo vizioso.
Provare paura è umano, provare ad ascoltarla…

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