Il disgusto, emozione che protegge e delimita

Ogni emozione ha una voce, una funzione, un messaggio. Il disgusto, spesso sottovalutato o frainteso, è in realtà un’ emozione potente alleata della nostra evoluzione personale. Non è solo una reazione viscerale a qualcosa di “sporco” o “contaminato”. È un segnale profondo che ci invita a riconoscere ciò che ci intossica fisicamente, emotivamente, nelle relazioni.

Ciò che universalmente attiva il disgusto, il cosiddetto trigger, è il pericolo di contaminazione e nasce dunque come meccanismo di sopravvivenza. Ci protegge da ciò che potrebbe danneggiarci: cibo avariato, odori sgradevoli, ambienti tossici. Ma nel contesto emotivo, il concetto di contaminazione si espande. Una relazione tossica, una conversazione manipolatoria, un ambiente che ci svuota, tutto questo può intossicarci emotivamente.

  • Una persona che invade i nostri confini
  • Una situazione che ci fa sentire compromessi
  • Un comportamento che ci fa perdere il senso di chi siamo

Il corpo reagisce. Lo stomaco si chiude. Il cuore accelera. Il disgusto ci parla.

La Funzione: Protezione e Confini

Quest’ emozione ha una missione chiara: preservare la nostra integrità. Ci aiuta a dire “no”, a prendere le distanze, a riconoscere ciò che non ci appartiene. È il nostro sistema immunitario emotivo.

  • Ci insegna a distinguere ciò che ci fa bene da ciò che ci fa male
  • Ci invita a stabilire confini sani
  • Ci ricorda che non tutto va accolto, che scegliere è un atto di cura

Disgusto Relazionale: Quando l’Altro è “Troppo”

Non è raro provare disgusto verso una persona o una dinamica. Non significa essere cattivi o giudicanti. Significa che qualcosa in quell’interazione ci sta violando, ci sta contaminando, non è sano per noi.

  • Un partner che ci manipola
  • Un amico che ci scarica addosso il suo mondo senza ascoltarci
  • Un contesto lavorativo che ci svuota

Il disgusto ci dice: “Questo non è per te. Questo ti fa male.”

Strategie: Dal Rifiuto alla Riflessione

Il disgusto non va represso, ma esplorato. Ecco alcune domande guida per trasformarlo in occasione di crescita::

Cosa mi fa sentire “intossicato”? In quali situazioni sento l’impulso ad allontanarmi? Qual’è il limite che va bene per me e come posso comunicarlo efficacemente? Cosa mi insegna questa emozione? Posso espormi poco a poco a ciò che mi disgusta per ampliare la mia prospettiva?

Disgusto come Bussola Evolutiva

Non sempre il disgusto è un nemico. È una bussola. Ci guida verso ciò che è autentico, sano, nostro. Ci aiuta a diventare chi siamo,.

Accogliere il disgusto significa accogliere la nostra verità. E da lì, iniziare a costruire relazioni, scelte e ambienti che ci nutrano davvero.

Riconoscere il Disgusto per Riscoprire il Confine

A volte siamo talmente abituati a ingoiare parole, situazioni, compromessi, relazioni, che smettiamo di riconoscere il nostro limite. Ci adattiamo, ci modelliamo, ci silenziamo. Ma il disgusto arriva come un campanello d’allarme, qualcosa che ci dice: “Basta.”

Nel percorso di crescita, imparare ad ascoltare il disgusto è un atto di coraggio. Significa smettere di ingoiare e iniziare a scegliere. Significa accogliere la nostra verità, anche quando è scomoda. Perché solo riconoscendo ciò che ci fa male possiamo davvero aprirci a ciò che ci fa bene.

E tu, oggi, cosa stai ancora ingoiando che non ti appartiene?

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Agosto, il fragile

“La fragilità è la condizione che ci consente di essere aperti al mondo e agli altri, di essere permeabili alla bellezza e al dolore.”

Questa citazione di Eugenio Borgna ha in sè una miriade di temi che ogni tanto torno ad esplorare, soprattutto in una stagione che per molti vede l’emergere prepotente di fragilità dolorose, solitudini soprattutto.

Fragilità, termine spesso pronunciato con timore, vergogna, diffidenza, qualcosa che ci rende meno degli altri, i forti….. pensiamo. Eppure la fragilità è tema, trama che attraversa la nostra intera esistenza, che cambia a seconda delle fasi della vita, si modella, si nasconde per poi riemergere. C’è ad esempio la fragilità dell’adolescente con le sue insicurezze e paure, c’è la fragilità dell’adulto coi dubbi e le responsabilità, dell’anziano vulnerabile e vicino a malattia e morte.

Eppure essa non è un difetto da celare ma una voce che arriva nei momenti di silenzio e se riusciamo ad accoglierla e farcela amica ci racconta chi siamo davvero, al di là di tutte le aspettative e costrutti esterni. Non è solo un’esperienza individuale, ma anche relazionale. È ciò che ci permette di entrare in contatto profondo con l’altro. Quando ci concediamo di essere fragili, smettiamo di indossare maschere. Diventiamo autentici, permeabili, capaci di empatia.

Vivere pienamente non significa essere invincibili. Significa essere presenti, aperti al sentire. Significa accogliere la fragilità come parte della propria identità, come fonte di bellezza e di verità.

Nei miei percorsi offro proprio questo sguardo: uno spazio sicuro in cui ascoltare e accogliere le fragilità per integrarle e renderle occasione di evoluzione verso una vita più serena, autentica, piena, aperta a nuove possibilità. In cui dunque la nostra umana vulnerabilità diventa forza trasformatrice.

Che sia un’estate di pienezza, in compagnia delle nostre fragilità.

Una lettura fondamentale: Eugenio Borgna, La fragilità che è in noi – Einaudi

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Che faccio con la delusione?

La delusione è un’esperienza universale. Prima o poi, tutti ci scontriamo con aspettative non soddisfatte, progetti che non decollano, persone che ci deludono. Eppure, spesso siamo poco preparati a gestirla con consapevolezza. In ambito di coaching, la delusione non è vista come un fallimento, ma come un segnale potente che ci invita a guardare oltre.

La delusione nasce quando la realtà non corrisponde all’idea che ci eravamo fatti. È la distanza tra ciò che volevamo accadesse e ciò che effettivamente succede. Ma è anche un’emozione complessa, perché coinvolge il nostro sistema di valori, desideri e la fiducia che riponiamo negli altri o in noi stessi.

Le aspettative sono fondamentali: ci orientano, ci motivano, ci fanno puntare in alto. Ma quando diventano troppo rigide o idealizzate, finiscono per generare inevitabili scontri con la realtà. Spesso non siamo delusi dalle cose in sé, ma da quanto le avevamo sovraccaricate di attese. Allenarsi alla flessibilità e alla lucidità emotiva può ridurre l’intensità delle delusioni.

Una delusione ben regolata può diventare terreno fertile per la crescita personale. Invece di reprimerla o restare impigliati nel rancore e nella frustrazione, possiamo farle spazio: ascoltarla, comprenderne il messaggio, usarla come leva. Ogni volta che la realtà ci smentisce, ci offre implicitamente una nuova direzione da esplorare. È un invito a rivedere le nostre strategie, magari a ridefinire i nostri obiettivi o a cambiare approccio.

Essere delusi ci obbliga a fermarci, fare il punto e cercare dentro di noi risorse che prima ignoravamo. La resilienza, la creatività, la capacità di reindirizzare la nostra energia: tutte qualità che emergono proprio nei momenti di rottura. È come se la delusione ci aprisse una porta su una parte di noi ancora inespressa.

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Presente

Non lo dirò mai abbastanza: la presenza a se stessi è la chiave della libertà emotiva (e non solo).

Troppo spesso nel turbinio quotidiano ci troviamo a vivere in automatico, lontani dal nostro nucleo profondo, e da qui ecco malesseri di vario tipo. La presenza a noi stessi è un potente strumento che ci permette di uscire dalla modalità automatica, ri-conoscerci ed essere realmente liberi, emotivamente sani e capaci di autoregolare le emozioni.

Quando alleniamo la piena presenza ci accorgiamo di cosa ci turba, ci accende, cosa ci fa bene e quali situazioni sono potenzialmente tossiche per noi, cosa coltivare e cosa lasciar andare. Quando ciò non sia possibile impariamo a regolarci per non essere sopraffatti.

Smettiamo di agire per abitudine o per condizionamenti. Le nostre scelte sono sempre meno dettate da circostanze esterne. Riusciamo a prendere decisioni più in linea con chi siamo. Siamo dunque più autentici, meno influenzabili e quindi più liberi.

Conoscere le nostre emozioni senza negarle o reprimerle ci consente di viverle in maniera equilibrata, fuori dalla netta divisione tra emozioni buone e cattive (che non esiste).

Comprendere il nostro funzionamento interiore è essenziale per sviluppare la capacità di autoregolare le emozioni. Se conosco i miei schemi, le mie reazioni e ciò che mi attiva emotivamente, posso imparare a gestire meglio le situazioni e a rispondere con equilibrio, anziché reagire impulsivamente.

Il mio percorso di coaching si basa proprio su questi principi. Attraverso un lavoro di consapevolezza e presenza, aiuto le persone a raggiungere una libertà autentica, migliorare la salute emotiva e la capacità di autoregolazione profonda. Il cambiamento non avviene per magia, ma è il risultato di un lavoro costante su se stessi: il primo passo è essere davvero presenti.

Contattami per una sessione conoscitiva

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Confusione è male?

Sempre più spesso un tema centrale che le persone portano nelle sessioni è quello del sentirsi confuse rispetto a se’ stesse, alla vita, alle scelte, ai valori.

Voglio fare subito chiarezza: la confusione di cui parlo qui non è alteazione delle percezioni, senso di realtà distorto, dissociazione. Questi sintomi importanti richiedono interventi professionali diversi da quelli attinenti alle mie competenze.

Ciò di cui parlo e di cui mi occupo sono quei momenti di vita (a chi non sono mai capitati) in cui la persona si sente persa, non ritrova più valore nella vita che vive e non riesce a trovare risorse per cambiare poichè non sa dove vuole andare, confusione appunto.

Di solito questa condizione è accompagnata da ansia, talvolta angoscia, l’emozione paura la fa da padrona, talvolta rabbia verso se’ stessi per non essere più “come prima”, sicuri, convinti, performanti.

Allora forse la confusione vuole dirci proprio questo: ci serve un cambiamento, siamo al bivio tra ciò che c’era fino ad oggi e qualcosa di nuovo e più consono a chi siamo che spinge per mostrarsi. E dato che le nostre difese rispetto al non conosciuto si attivano, ecco il sentirsi persi, spaventati, destabilizzati.

E se proprio questa destabilizzazione fosse la chiave? Se la confusione fosse il ponte che ci traghetta verso una nuova identità più autentica, più aderente a chi siamo oggi?

Se ci accorgessimo, con un ribaltamento di percezione, che quella confusione vuole spostarci da una posizione rigida, inflessibile, incatenata a false certezze che ci rendono maschere poco autentiche?

Dunque la confusione può essere portatrice di un nuovo più aderente a chi siamo, è un dono , una forza trasformativa da accogliere e usare, non da demonizzare e scacciare incolpandoci di qualcosa che è profondamente umano e prezioso, il dubbio.

Facciamo amicizia coi momenti confusi, incerti, accogliamoli ed ascoltiamoli, proviamo a stare per un pò nel disagio, nella scomodità. Non accade nulla se non che ci ritroviamo più veri, più aderenti alla nostra natura profonda, più flessibili e per questo più forti. Solo allora potremo prendere le decisioni adatte o forse non decidere nulla, chè in fondo ci va bene così

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I momenti perfetti

Questa mattina stavo facendo colazione con tutta calma, il caffè fumante e profumato, il mio amato micio dormiva lì accanto, ascoltavo musica, dalla finestra entrava qualche raggio di sole di queste stupende giornate milanesi fredde e limpide.

La mente vagava lieve su ogni pensiero. arrivavano ricordi, immagini. Ad un tratto ho compreso che quello era un momento perfetto. Non so quanto sia durato ma sono certa che lo fosse: ecco, i momenti perfetti esistono.

Sono attimi in cui ci si sentiamo leggeri, radicati, presenti a noi stessi, in cui una qualità di morbidezza ci accoglie e tutto è come deve essere, noi ci sentiamo nel posto giusto al giusto tempo.

Arriva quella sensazione di leggerezza ed espansione, il respiro si fa più ampio e il corpo è rilassato, con un senso di pace che non ha nulla a che vedere con ciò che accade fuori di noi e nelle nostre vite, in quei momenti siamo fuori del tempo, pura coscienza?

Non saprei, quello che so è che sono attimi colmi di commozione, e percepisco chiaramente che siamo molto di più di quello che crediamo di essere, molto di più di ciò che ci accade, di ciò che ci hanno raccontato, delle ferite, delle delusioni, delle fatiche personali.

Prendiamoci cura di quei momenti preziosi, cerchiamoli ogni giorno nei gesti ordinari, in chi amiamo e in chi non ci piace, nei momenti scomodi e quando ci sembra di non farcela.

E poi ce la facciamo.

Se devo pensare ad un augurio per l’anno che si avvicina non può essere che questo, una pioggia di momenti perfetti. Se siamo pronti ad accoglierli, arrivano.

Una lettura: ” Questo immenso non sapere”, Chandra Candiani

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Ottobre e Itaca

Amo da sempre l’autunno: luce più languida, aria che si rinfresca ogni giorno un pò di più e giornate che si restringono in un invito al raccoglimento, strati di abiti in più e i colori…. anche in una città come Milano arrivano quei rossi brucianti nei parchi e lungo i viali alberati.

Di solito non faccio buoni propositi ma ottobre è per me un nuovo inizio carico di possibilità, una nuova fase di quel viaggio unico che è la mia vita, la vita di ognuno.

Allora lavoro su di me con Psych K per accogliere il nuovo, per trasformare ciò che mi limita, per confrontarmi al meglio con questo lavoro che mi appassiona sempre perchè sempre diverso e in divenire.

Un viaggio di libertà interiore, di scoperta ed evoluzione di parti di me prima nell’ombra, quelle parti più fastidiose. Apertura verso ciò che non conosco e che talvolta spaventa.

E l’autunno è per me momento perfetto per tutto ciò, e per voi?

C’è una meravigliosa poesia del poeta greco Kavafis che parla in modo sublime di questo viaggio che è la vita, ognuno verso la propria Itaca, la meta. E se la meta fosse la vita stessa?

ITACA

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
né nell’irato Poseidone incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta;
più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio;
senza di lei, mai ti saresti messo sulla via.
Nulla di più ha da darti.

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Kostantinos Kavafis

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Pilastri